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Domenica, 28 Aprile 2024
CASO HASSAN SHARAF

Morto a 21 anni dopo essersi impiccato in cella, condannato l'ex direttore del carcere

Pierpaolo D'Andria è stato condannato per il mancato trasferimento di Hassan Sharaf in un istituto minorile. Rinviati a giudizio per omicidio colposo una dottoressa di Belcolle e un agente della penitenziaria

Morte del detenuto Hassan Sharaf: una condanna, due rinvii a giudizio e altrettante assoluzioni. Condannato a due mesi e venti giorni l'ex comandante del carcere di Mammagialla Pierpaolo D'Andria per omissione di atti di ufficio, assolto invece dall'accusa di omicidio colposo. L'ex numero uno del penitenziario di Viterbo aveva scelto di essere giudicato con rito abbreviato, che prevede lo sconto di un terzo della pena, come avevano fatto il comandante della polizia penitenziaria Daniele Bologna e l'agente Luca Floris che sono stati assolti dall'accusa di omissione di atti d'ufficio. Rinviati a giudizio per omicidio colposo, invece, la dottoressa Elena Niniashvili del reparto di medicina protetta dell'ospedale di Belcolle e l'agente Massimo Riccio, responsabile della sezione di isolamento di Mammagialla: entrambi hanno optato per il rito ordinario. La prima udienza del processo davanti al tribunale di Viterbo è stata fissata per il 13 novembre.

Condanna per mancato trasferimento

Lo ha deciso il gup Savina Poli che ha emesso sentenza nel primo pomeriggio di ieri, mercoledì 27 marzo, riconoscendo anche una provvisionale di 5mila euro a ciascuna della parti civili (madre, sorella e cugino di Sharaf) e il diritto al risarcimento dei danni in sede civile. La procura generale di Roma aveva chiesto un anno per D'Andria, otto mesi ciascuno per gli agenti Bologna e Floris e il rinvio a giudizio per la dottoressa Niniashvili e il poliziotto Riccio. Stralciata per motivi di salute la posizione di Roberto Monarca, responsabile di medicina protetta di Belcolle. L'ex comandante di Mammagialla è stato condannato, con pena sospesa, per il mancato trasferimento di Sharaf in un carcere minorile. Tra novanta giorni il deposito delle motivazioni da parte del giudice.

Caso Hassan Sharaf 

Sharaf, detenuto egiziano di 21 anni, è morto dopo essersi impiccato con un lenzuolo in una cella di isolamento del carcere di Viterbo. Era fine luglio 2018 e neanche due mesi dopo, a inizio settembre, sarebbe tornato in libertà. Qualche settimana prima del suicidio aveva mostrato al Garante dei detenuti del Lazio dei segni che, aveva dichiarato, essere frutto di un pestaggio subito da alcuni agenti. La procura di Viterbo aveva aperto un'inchiesta per istigazione al suicidio che poi ha archiviato. Gli avvocati della famiglia del giovane, Michele Andreano e Giacomo Barelli, hanno ottenuto però la riapertura del caso e l'avocazione. La procura generale ha infatti tolto le indagini ai magistrati viterbesi e le ha portate avanti in autonomia.

Andreano: "Squarcio in un muro di gomma"

"Questa sentenza - commenta l'avvocato di parte civile Andreano - è un piccolo squarcio in un muro di gomma. L'ex direttore del carcere è stato condannato per non aver eseguito l'ordine di un magistrato di trasferire un ragazzo che dopo tre mesi è morto. Ex direttore che durante il processo ha detto di aver visto ma non letto quell'ordine, ed è gravissimo. Accogliamo fiduciosi la decisione del gup, anche se ci sembra contraddittoria. Secondo noi è proprio ignorando quell'ordine che Sharaf si è tolto la vita, quindi il concorso in omicidio colposo c'era tutto. Ma leggeremo le motivazioni. Immagino che la procura generale, che ha fatto un lavoro, faccia appello e noi andremo dietro. È stata una battaglia durissima durata tanti, troppi, anni".

Antigone: "Si faccia totale chiarezza sulla vicenda"

"La responsabilità dell'ex direttore di Mammagialla, riconosciuta dal tribunale, è quella di non aver trasferito Sharaf in un istituto penale per minorenni: aveva commesso il reato da minorenne e avrebbe dovuto scontare la pena in un carcere minorile e non in quello per adulti dove invece si trovava". Lo sottolinea Simona Filippi, avvocata di Antigone, che dopo aver presentato un esposto sul caso si era costituita parte civile nel procedimento. Il presidente dell'associazione, Patrizio Gonnella, ricorda: "In quei mesi avevamo presentato numerosi esposti in riferimento a presunti casi di violenze su cui, a poca distanza di tempo, avevamo ricevuto molte lettere di detenuti che raccontavano, in modo molto uniforme, di abusi. Ci auguriamo, quindi, che presto si faccia chiarezza totale sulla vicenda di Hassan Sharaf".

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